Il confronto tra il cristianesimo e il buddismo offre un’opportunità affascinante per esaminare due delle principali tradizioni religiose del mondo anche se il buddismo più che una religione viene definito come un cammino interiore dell’essere umano. Si può credere sia in Gesù che in Buddha? Lo chiediamo al Maestro Tirashiva, insegnante certificato di Hatha Yoga e meditazione trascendentale, diplomato in © NSL Coaching – Neuro Science Linguistic Coaching, tarologo, esperto in riflessologia plantare, hot&cold stone massage e bagno sonoro con l’ausilio di campane tibetane e diapason; co-fondatore di YogaZenItalia ed autore del libro: “Mollo tutto e faccio il Cammino di Santiago-900 chilometri a piedi, da solo e senza telefono”.
Mestro dopo New York, Zurigo e Copenaghen, YogazenItalia ha aperto una sede anche qui in Italia a Roma. Prima di addentrarci sulla disquisizione tra Gesù e Buddha vuole spiegarci che cos’è lo yogazen?
Per spiegarvi brevemente che cos’è lo YogaZen partirò con analizzare le due parole. La parola Yoga è un termine Sanskrito (lingua ufficiale dell’India ed una delle lingue più antiche della famiglia delle lingue indoeuropee) e significa unire, l’unione di persona con persona, corpo e mente, mente e anima. Yoga è consapevolezza; Yoga è comprensione; Yoga è disciplina; Yoga è flessibilità; Yoga è non condizionamenti; Yoga è accettazione; Yoga è non attaccamento; Yoga è equilibrio tra vita materiale e vita spirituale; Yoga è amore incondizionato. Il tipo di Yoga che pratichiamo si rifà allo Hatha Yoga, disciplina che si prende cura sia del corpo che della mente. Tutti possono praticare questo tipo di Yoga, non c’è un limite di età o di flessibilità, come dico sempre: “Se puoi respirare puoi praticare Yoga”. Il dolore non esiste, non ci sono posizioni che bisogna per forza fare, non è una sfida, ci sei solo tu ed il tuo corpo e l’unica sfida è solo con te stesso! Passiamo all’altra parola: ZEN. Zen è una parola giapponese che significa meditare, pensare. Non è una religione o una filosofia ma un vero e proprio stile di vita. Meditare è un atto di coraggio. Ci vuole coraggio a fermarsi in un mondo che va a mille all’ora. Ci vuole coraggio a rimanere in silenzio mentre il mondo attorno a noi con i suoi mille input (TV, Internet, Smartphone, Social, app di incontri) fa di tutto per allontanarci da noi stessi! L’aumento dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, è causato dallo stress fisico e mentale. Il cortisolo crea tantissimi effetti dannosi dello stress, come il rilascio di sostanze chimiche infiammatorie, le citochine. Questi effetti nocivi promuovono l’ansia e la depressione, l’aumento della pressione sanguigna, il sonno disturbato e possono portare alla stanchezza e al pensiero annebbiato. Una meditazione quotidiana consapevole diminuisce il livello di stress del 60% e consente un maggior controllo sul sistema sensoriale. Dopo tanti anni di studio di queste due discipline ho deciso di creare uno stile (LO YOGA ZEN) che aiuti le persone a sentirsi bene sia fisicamente ma soprattutto MENTALMENTE. Il dominio della nostra mente è imprescindibile nel sentiero verso la perfezione, poiché prima si produce il pensiero e solo dopo la parola e le azioni. Se controlliamo il pensiero controlleremo la parola, le emozioni, le azioni, in definitiva, avremo il controllo di tutta la nostra vita. Il problema di questa società è che cerca la felicità all’esterno e non all’interno. Considera la felicità un processo di accumulazione e raggiungimento di obiettivi: oggetti materiali, appagamento di desideri sessuali, relazioni e situazioni piacevoli, acquisto dell’ultimo smartphone, di un vestito o borsa firmata, una promozione sul lavoro. Le nostre giornate sono spesso monopolizzate da questi pensieri ossessivi e le nostre energie dedicate in gran parte a questo scopo che deve essere realizzato il prima possibile. Nella visione occidentale, la felicità è come una montagna da scalare: quello che cerchiamo si trova lassù, in cima, lontano, forse persino irraggiungibile. Con questa visione, essere frustrati e stressati è normale: la cima è distante, lo sforzo per raggiungerla è immenso. Nello YogaZen, invece, la felicità/serenità è più simile a una montagna da scavare: quello che cerchiamo è già dentro di noi e il nostro compito è rimuovere strati di detriti accumulati in decenni di vita. Dobbiamo renderci conto che non abbiamo bisogno di aggiungere, ma dobbiamo imparare a lasciare andare.
Ritorniamo sull’argomento principale. Al suo collo mostra con orgoglio due collane che raffigurano una croce ed un Buddha, ma cristianesimo e buddismo sono religioni diverse, come è possibile credere ad entrambi?
Nonostante le loro origini geografiche, culturali e filosofiche diverse, cristianesimo e buddismo presentano alcuni punti in comune sorprendenti. Il cristianesimo ha origine nell’antica Palestina con l’insegnamento di Gesù Cristo, considerato dai cristiani il Figlio di Dio e il Salvatore dell’umanità. Il buddismo, d’altra parte, fu fondato nel VI secolo a.C. da Siddhartha Gautama, noto come il Buddha, in India. Una delle differenze chiave è il loro concetto di Dio o divinità. Il cristianesimo è una fede teistica, che crede in un unico Dio onnipotente, onnisciente e onnipresente che governa l’universo. Nel buddismo, invece, non esiste un concetto di Dio supremo ma si concentra sulla ricerca dell’illuminazione personale senza implicazioni divine. Nonostante questa differenza, entrambe le religioni condividono un obiettivo spirituale di raggiungere uno stato superiore. Nel cristianesimo, l’obiettivo è raggiungere la salvezza attraverso la fede in Cristo e il perdono divino. Nel buddismo, l’obiettivo principale è l’illuminazione o il raggiungimento del Nirvana, uno stato di liberazione dal ciclo di sofferenza e rinascita. Entrambe promuovono l’etica e la moralità, anche se con enfasi leggermente diverse. Nel cristianesimo, le leggi morali derivano dalla volontà di Dio e sono espresse nei Dieci Comandamenti. Nel buddismo, l’etica è basata su precetti come la compassione, la non violenza e la compassione verso tutti gli esseri viventi. Nonostante alcune differenze sostanziali nelle loro concezioni divine, obiettivi spirituali e pratiche, sia il cristianesimo che il buddismo condividono un impegno per la ricerca della verità, la moralità e la compassione. Lo Scopo dei Cristiani è quello di comportarsi bene durante la vita, avere fede in Dio, pregare, confessare i propri peccati in modo da entrare in Paradiso. Lo scopo principale dei Buddisti è, ripeto, quello di raggiungere l’illuminazione, ovvero diventare delle persone molto sagge, capaci di avere una visione corretta del mondo, per avere poi una ottima rinascita. Scopo principale del Buddismo è, inoltre, eliminare la sofferenza, sviluppare amore verso tutti , come mezzo per raggiungere una pace interiore. Per i Cristiani la famiglia è uno dei cardini fondamentali, così, dopo la morte, sarà possibile riavvicinarsi alla persone care. Per i Buddisti è importante, ma non come nella religione Cristiana, perché la persona si reincarnerà, ed è difficile dire se si potranno rivedere i propri cari. Riassumendo, il Buddismo, quindi, non è una vera religione, si tratta piuttosto di una filosofia, molto pratica, che ha lo scopo di aiutare le persone a vivere una vita felice, adattarsi alla realtà di tutti i giorni, in ogni luogo, ed in ogni tempo.
In tal modo è possibile essere Buddisti e Cristiani, traendo beneficio anche da quella filosofia che insegna a come comportarsi nelle situazioni di difficoltà.
Gesù e Buddha, nonostante le credenze personali sono due personaggi storici realmente esistiti. Come mai lei è legato in maniera profonda ad entrambe queste figure?
Essi sono – per usare le parole del filosofo Karl Jaspers – ‘personalità paradigmatiche’: esempi e modelli della massima potenzialità umana. Mostrano a tutti che è possibile un’umanità caratterizzata da amore, non violenza, compassione, equanimità, se soltanto si abbandona quel – purtroppo ancora abituale – piccolo e miope sguardo sulla realtà e si lascia agire la nostra autentica essenza umana: ciò che davvero siamo in essenza. La fiducia certa che nell’umano esista una possibilità, che può essere realizzata, di trasformazione ed evoluzione: questa a me sembra la base comune dei due Mestri e dei loro insegnamenti che ho fatto miei. Da qui deriva il profondo legame ed amore che ho per entrambi.
Felicità e infelicità – o sofferenza – nel vissuto dell’esistenza da cosa dipenderebbero, secondo i Maestri? Come è possibile uscire dalla infelicità?
Nell’enunciazione buddhista delle 4 Nobili Verità è affermato molto chiaramente che l’origine del dolore è causato dai nostri desideri di ricchezza, potere, successo e piacere. A causa di questa sete incessante di avere, possedere, trattenere, gli individui compiono azioni che generano sofferenza ulteriore, in un perverso circolo vizioso: il samsāra, appunto. Nei vangeli troviamo esortazioni a non perseguire comportamenti di avidità, di appropriazione, di attaccamento al posseduto, poiché l’importante non è questo, bensì ‘cercare il Regno dei Cieli’. Dunque, in entrambi i casi, le sofferenze di ogni genere che tutti conosciamo, dipendono da attaccamento e desiderio incessante, da atteggiamenti di appropriazione e avidità. In ultima analisi la sofferenza dipende da un unico regista: noi stessi, le nostre scelte, il nostro ego le cui modalità relazionali sono prevalentemente il desiderio di appropriazione, l’attaccamento e, per ciò, l’aggressività.
Secondo lei quale sarebbe il comune percorso, cristiano e buddista?
L’abbandono dell’io: “Chi vuol essere mio discepolo, rinunci a sé stesso” (dal vangelo di Luca 9,23) e “Recidi l’amore verso te stesso” (Dhammapada, XX, 285). Identica è la prescrizione di un percorso che è di abbandono: lasciare, rinunciare alla modalità egoica di vita e relazione. Il distacco è un’esperienza, non è una conoscenza intellettuale. È l’esperienza interiore che sorge dall’abbandono della modalità dell’ego. “Colui che ha attaccamento, non è libero”, recita un testo buddhista (Samyutta Nikāya, 3.1.6.1).
I cristiani pregano ed i buddisti meditano. Questi due rituali in realtà sono la stessa cosa?
Il vocabolo (bhavāna) che noi traduciamo con ‘meditazione’, nel suo senso originario significa ‘coltivazione’ della mente. Coltivare il giusto atteggiamento mentale per realizzare il distacco richiede una continua attenzione, una vigilanza continua per cogliere gli stati mentali ed emotivi che si affacciano alla mente e abbandonare quelli ‘non salutari’, coltivando e facendo crescere gli stati cognitivi ed emotivi ‘salutari’. “State attenti a voi stessi” (Lc 17,3) esorta Gesù; lo stesso consiglio pervade tutto l’insegnamento del Buddha. Entrambi conferiscono un’estrema importanza al ‘restare svegli’, al non cadere nel sonno dell’inconsapevolezza. Su questo punto troviamo parole simili, ad esempio: “Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non cadere in tentazione” (Lc 22,46) e “Levatevi! Alzatevi! A che scopo continuare a dormire?” (Sn 332). Quindi, c’è necessità di un’attenzione continua per tagliare alla radice la tendenza ad afferrarsi all’io e al ‘mio’: questa è in effetti la pratica del ‘distacco’. Per quanto riguarda la preghiera, essa non sembra – per come è presentata nei Vangeli – così lontana da un atteggiamento meditativo tipico della pratica che troviamo nel buddhismo: se leggiamo quel passo in cui Gesù consiglia a chi vuol pregare – “ritirati nella tua stanza, chiudi la porta e prega il Padre tuo che è presente nel segreto” (Mt 6,6) – a me sembra un’indicazione di atteggiamento meditativo. Poi è chiaro che nel Buddhadharma esistono molti più dettagli riguardo il come condurre una pratica formale di meditazione di consapevolezza. Tuttavia, non è la pratica formale sufficiente a conseguire la meta: la consapevolezza – allenata nella meditazione formale – deve intrecciarsi alla vita quotidiana, sempre.
Le emozioni, i sentimenti, i desideri terreni, sono tutti da estinguere? Causano sofferenza?
Se siano motivo di sofferenza o meno dipende essenzialmente dalla presenza o meno del distacco dall’egoità. Non si tratta di non provare alcun sentimento o emozione, bensì di provarli senza modalità appropriativa: l’io e il mio sono la causa della sofferenza, non certo un sentimento in sé. E’ giusto amare, avere dei desideri sessuali ed anche terreni ma non in maniera possessiva ed ossessiva. Ciò che insegno in tutti i miei corsi è vivere la vita con equilibrio e sperimentare “La via di Mezzo” il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza perché evita sempre gli estremi e ad avere comportamenti eccessivi che non conducono alla pace mentale.
Quali sarebbero gli effetti etici sulle persone e sui popoli per queste vie spirituali?
La regola d’oro generale – “non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te” – che nell’insegnamento evangelico troviamo ampliata nel “fate agli altri quello che volete sia fatto a voi” (nei vangeli di Matteo 7,12 e Luca 6,14), e che è presente in entrambe le Vie. Ciò apre alla autentica possibilità di relazioni fondate su condivisione, amore, equanimità, non violenza.
Quale affinità di compassione, amore-carità e libertà esistoni tra Gesù e Buddha?
L’amore per il prossimo, senza attaccamento a sé e alla propria vita, è la fondamentale, unanime, indicazione in entrambi gli insegnamenti. Identificando sé agli altri, ‘si coltivi una mente di sconfinata amorevolezza’ verso tutte le creature: così consiglia il Buddha (Sn 149-150), esattamente come Gesù in “ama il prossimo tuo come te stesso” (Matteo 22,39).
La chiave di volta è, di nuovo, l’abbandono dell’attaccamento all’egoità: dall’abbandono discende – spontaneamente – l’amore incondizionato, la compassione incondizionata, la libertà dai legami opprimenti e divisivi. Ciò dovrebbe produrre un mondo migliore, ad esempio, radicalmente non violento?
Certamente. “Mai si placa l’odio con l’odiare: con il non-odiare si placa” (Dh, I,5) e “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano” (Luca 6,27-28). Una delle citazioni che rivolgo spesso ai miei allievi è: “La rabbia genera rabbia. L’odio genera odio. L’amore genera amore…”. Dobbiamo tener presente che la motivazione altruista è alla base di tutto il percorso nella Via buddhista: il praticante è fin dall’inizio sollecitato a rivolgere al bene di tutti gli esseri, nessuno escluso, il proprio desiderio di conseguire il Risveglio: non per sé, ma per tutti. Da ciò possono discendere soltanto azioni rivolte al bene altrui e attente a non creare sofferenza agli altri. La stessa attenzione a non creare sofferenza agli altri ma, al contrario, agire per il bene altrui dovrebbe essere anche proprio dell’atteggiamento di chi segue il dettame evangelico. Dobbiamo sperare che un giorno o l’altro le precise istruzioni dateci dai due Maestri verranno prese più sul serio da tutti noi. In queste istruzioni è racchiusa la possibilità di un mondo davvero incommensurabilmente diverso e migliore dell’attuale.
Grazie mille Maestro per questa interessante chiacchierata e come possono i nostri lettori saperne di più sui suoi corsi ed approfondire questi argomenti?
Intanto sono io a dover ringraziare voi per la possibilità di poter veicolare un messaggio di amore e di pace. Secondo i dati diffusi dalla società italiana di psichiatria (SIP), in Italia la depressione colpisce 7,5 milioni di persone di cui quasi il 49,4% sono giovani con un’età compresa tra i 18 e i 25 anni. Ai giovani italiani è stato chiesto “cosa fosse per loro la felicità e cosa li rendesse felici”. I risultati sono stati: 1° posto: SHOPPING (vestiti, borse, auto ecc.); 2° posto: MANGIARE; 3° posto: SESSO-SOLDI-ALCOL (a pari percentuale). Il problema di questa società è che cerca la felicità all’esterno e non all’interno. Considera la felicità un processo di accumulazione di beni materiali e raggiungimento di obiettivi e quando questi vengono o non vengono raggiunti innescano il dolore e la sofferenza. Dobbiamo renderci conto che non abbiamo bisogno aggiungere, ma dobbiamo imparare a lasciare andare. Questo, in fondo, è proprio ciò che fece Siddharta, il Buddha: non si mise a cercare piaceri sempre più intensi, come aveva già fatto in precedenza. Smise anche di vagare per l’India. La sua illuminazione iniziò quando decise di fermarsi. Quando prese a scavare dentro di sé. Per maggiori informazioni sui nostri corsi, svolti qui in Italia esclusivamente da me, o per poter approfondire i tantissimi argomenti legati allo yogazen, meditazione, chakra, bagno sonoro e massaggi, potete andare sul sito www.yogazenitalia.com oppure seguirci e scrivere un messaggio sui nostri profili social (Facebook-Instagram-Tik Tok-YouTube) YOGAZENITALIA. Tutte le nostre lezioni sono disponibili anche in lingua inglese e spagnola ed è possibile effettuarle in presenza oppure online. Dare-non prendere… Persone-non cose… Namastè.